Pićan (Pedena)

Pićan-Pedena - cittadina delle leggende 

 

Pican, Petina, Petinum, Pedena, Penna, Biben, Pyben, Piben, Piebn, Piebnn, Pitchann.... Che cosa si nasconde nel suo nome? Talvolta non è semplice seguire le tracce di Pićan (Pedena) nelle fonti storiche siccome si nasconde sotto i vari nomi. L'origine del nome Petina (Quinto) alcuni associano all'ipotesi che il Vescovato di Pićan era il quinto nel mondo e nel nome pet (cinque) ne trovano la radice celtica. Pićan venne sicuramente abitato nella lontana preistoria. Le parti piu' antiche del castelliere istrico si trovarono sul monte Kalvarija, più a nord dell'abitato odierno, e si suppone, quindi, che fosse abitato dalla tribù celtica Secusa. Nell'età romana, probabilmente nella stessa zona,strategicamente ben scelta, era situata la base militare e l'abitato Petina.

 

C' erano autori che proprio con Pićan collegavano il nome Pucinum che Plinio e Ptolomeo usavano per nominare la fortificazione nell'Istria centrale conosciuta anche nella corte Romana per il particolarmente buon vino. La moglie dell'imperatore Augusto , Livia, era convinta che la sua longevita era legata proprio al fatto che beveva esclusivamente quel vino. Oggi la sola traccia visibile che dimostra la presenza romana è la scritta sulla pietra del montante della porta di fronte alla torre (4) che menziona un certo Lucio Caonali dalla famiglia Pupinio che incontriamo anche altrove in Istria (Coridigo, Pola, Parenzo, Capodistria, Trieste).

Nel periodo della dominazione Bizantina Pićan fu il centro amministrativo della parte centrale dell'Istria. Dalla tarda antichità fino alla fine del 700 a Pićan si trova la sede dell'omonimo vescovato, uno dei primi ma anche tra i più piccoli nel mondo cristiano in generale.

 

Leggende di san Niceforo

 

Con la formazione del vescovato di Pićan e con il suo patrono San Niceforo sono legate molte leggende che tra di loro si escludono e spesso si intrecciano . Ci rende ancora più confusi il fatto che con Pićan siano collegati due Nicefori- San Niceforo martire e San Niceforo vescovo.

 

La leggenda di san Niceforo martire dice che l'imperatore Romano Costantino il Grande ( il primo che riconobbe e diede impulso al cristianesimo e che costruì il nuovo centro dell'impero – Costantinopoli) ha fatto che i resti mortali di San Niceforo di Antiohia venissero messi sull'imbarcazione a Costantinopoli e ha ordinato che sul posto dove l'imbarcazione si sarebbe fermata da sola gli sarebbe stata consacrata una chiesa. Secondo una versione allargata il corpo dello santo dopo l'approdo alla costa dell'Istria fu messo sul cavallo che fu lasciato e che si fermò proprio – a Pićan. 

 

Secondo la leggenda di San Niceforo vescovo e dei danzatori sul pruname,  Niceforo fu il vescovo di Pedena ( in alcune versioni il primo vescovo di Pedena ed il fondatore del vescovato) di cui gli abitanti di Pedena si lamentavano al patriarca di Aquilea per la sua presunta vita immorale siccome viveva con suo nipote. Per dissuaderli dalle accuse e per provare la propria missione divina Niceforo offrì loro di colpire con il bastone sul suolo infertile e coperto dal pruneto e di aprire quindi una sorgente con l'acqua potabile. Gli abitanti di Pedena lo respinsero spiegando che a loro serviva di piu il pruname che usavano nei propri vigneti. Lui a ciò rispose con le parole: che Dio vi faccia danzare sul pruname e da allora per gli abitanti di Pedena si usa il soprannome che si è conservato fino ad oggi – trnoplesari (danzatori sul pruname). Invece di farlo a Pedena, Niceforo per la strada verso il patriarca ad Aquilea crea le sorgenti a Gallignana, Krbune, Pinguente, Trieste ed altrove. Arrivando di fronte al patriarca non trovò un posto per appoggiare il proprio mantello ma lo mise sopra il raggio del sole che entrò nella stanza e quel segnale fu decisivo per liberarlo da tutte le accuse.

Al ritorno Niceforo morì ed i suoi resti mortali furono conservati ad Umago fino al 1379 quando furono rubati dai Genovesi. Malgrado tutto, fu il desiderio del santo di mandare la sua mano destra a Pedena come segno di perdono ed è tuttoggi conservata nella Cattedrale.

Risulta evidente che i vescovi di Pedena abbiano cercato di risolvere da soli le contraddizioni legate ai due santi dallo stesso nome e cosi il vescovo Antonio Marenzi (1635-1646) scrive un libro sulla loro vita. Durante la ricostruzione della cattedrale le statue di entrambi i santi vengono messe sulla sua facciata e inoltre sono rappresentati insieme sul quadro sull' altare di san Niceforo in cui Niceforo, il protettore del vescovato di Pedena del primo cristianesimo, nelle mani tiene il bozzetto di Pedena.

 

Da Aquilea a Napoleone

 

Nel Medioevo, i patriarchi di Aquilea hanno sia il potere ecclesiastico che quello temporale a Pedena, e quindi Pedena viene inserita nel podere di Pisino il quale viene gestito da Majnard Črnogradski. Mentre le città istriane costiere aderivano una dopo l'altra a Venezia , Pedena, insieme a Pisino e dintorni ebbe una sorte ben diversa. Con il matrimonio dell'erede di Majnard, la contessa Matilde di Pisino con il conte di Gorizia Engelbert, Pedena diventa a far parte della loro Grafschaft Ysterreich verso la fine del XII secolo e nel 1374 sotto il nome di Pazinska knežija ( Principato di Pisino) in base al contratto sull'eredità diventa di proprietà privata della famiglia Habsburg.

Loro preferiscono dare l'intero principato in appalti a breve termine ai diversi aristocratici, a nome dei quali il podere lo gestiscono i capitani e gli Habsburghi con questo denaro finanziano la propria salita sul trono imperiale. Una divisione triste dell'Istria che dura mezzo millennio alla parte austriaca e a quella veneta accompagnata da tanti conflitti brutali tra i due vicini litigiosi, dalle invasioni Turche e dalle epidemie della peste, che si conclude con la caduta di Venezia e con l'arrivo di Napoleone.

 

Facciamo una passeggita a Pedena

 

Picantown Map

 

Nel parco a Pićan proprio come nelle vicine Gračišće (Gallignana) o Tinjan (Anitgnana) si trova la statua di San Giovanni Nepomuceno (9), il santo ceco, protettore di regine, di ponti, di segreti confessionali e protettore contro le alluvioni, costruita nel 1714. Probabilmente Pićan aveva nel passato un ponte mobile all'entrata della città. Non lontano dalla statua c'è il monumento dedicato a tutti gli abitanti di Pićan, vittime della seconda guerra mondiale (10), e ad un livello un po' più basso accanto al parco si trova la chiesina di San Rocco (11), protettore dalla peste per la quale la prima pietra la mise il vescovo Gašpar Bobek (1631-1634) durante il periodo di un' epidemia della peste che era tra le piu diffuse. Nella parte vecchia della città di Pićan si entra dalla monumentale porta cittadina (1) che risale al XIV secolo e che è stata rinnovata nel 1613 durante il vescovato di Antonio Zaro (1601 -1621).

 

Grazie agli stretti rapporti con l'arciduca Ferdinando, Zara diventò già all'età di 27 anni vescovo di Pedena dal semplice chierico. A Pedena scrisse la sua opera maggiore, un tipo di enciclopedia filosofica dal titolo Anatomia ingeniorum et scientiarum sectionibus quattuor comprehensa che fu pubblicata a Venezia nel 1615. Sarà ricordato come il primo saggio italiano che si è separato dalla filosofia scolastica. Zara inoltre fece rinnovare il palazzo episcopale (2), e cominciò con la costruzione della nuova cattedrale. Però, già nel 1653 sia la cattedrale sia il palazzo episcopale furono devastati nella più grande rivolta contadina in Istria. Messi nella grave situazione con nuovi oneri introdotti a causa dei debiti del Principato verso la Carniola e soprattutto a causa della ruvidezza dei rappresentanti dell'amministrazione regionale di Carniola di Hanibal Bottoni, circa tre mila abitanti da tutto il Principato si sono radunati il giorno del 06 luglio a Gallignana e si sono diretti verso Pedena guidati da Mate Bolko. Hanno abbattuto la porta cittadina e hanno derubato la cattedrale, il palazzo episcopale e le case dei canonici nonche hanno giudiciato sul posto a Bottoni ed al suo cancelliere. 

 

Il belvedere di Francesco Ferdinando – La vista da questo posto che si offre sul paesaggio montuoso dell'Istria centrale ed il sapore particolare del vino di Pićan che gli è stato offerto dal parrocco, hanno convinto il principe, erede al trono austriaco Francesco Ferdinando del bisogno di venirci di nuovo accompagnato da sua moglie Sofia, una pittrice appassionata, in modo che lei possa renderne eterna la scena. Questo suo desiderio purtroppo non si è realizzato siccome poco dopo entrambi sono rimasti vittime dell'atentato a Sarajevo nel 1914.

 

Di fronte alla chiesa parrocchiale si trova la casa natale di Matko Brajša Rašan (6) maestro da coro, annotatore di canti popolari istriani e compositore che nel 1912 compose su testo di Ivan Cukon l'odierno inno ufficiale istriano Krasna zemljo. È meno noto che con Pićan sia legato un altro personaggio importante nel campo della musica. Si tratta dello sloveno Jurij Slatkonja, fondatore e dirigente dell'Orchestra della corte di Vienna che più tardi diventò il primo vescovo di Vienna che viene menzionato a Pićan dal 1506 quale amministratore vescovile e nel 1513 come vescovo.

 

Dalla piazza davanti alla chiesa possiamo continuare per una via in direzione ovest accanto al palazzo in cui dal 1914 al 1918 ebbe sede la Biblioteca popolare (7). Attraversando un piccolo passaggio a destra possiamo raggiungere i giardini per vedere la parte più conservata delle mura cittadine. Nella parte opposta di Pićan vi consigliamo di visitare il belvedere di Santa Elena (8) denominato secondo l'omonima chiesina che una volta si trovava in quel posto. In quella parte del borgo ci sono altre vecchie case abbandonate dall''architettura interessante con degli architravi rustici e scalinate talvolta incise nella roccia in attesa che qualcuno gli infonda una nuova vita.  

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